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letra de sberloni - uochi toki

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tutti quegli ordini, tutte quelle preferenze, tutti quei piatti consumati, tutte quelle marce scienze e pietanze che non devono arrivare fredde. niente formaggio col pesce, le cipolle non si digeriscono, gli abbinamenti nuovi prima ti schifano, poi ti sofisticano, ti seducono, ti annoiano, infine p-ssano, lasciando il posto a un altro modus. la frutta sempre dopo il pasto, il pasto va composto di portate e le portate non si scambiano di posto, e il posto per mangiare è sempre con le gambe sotto a un tavolo. il vino a pasto è indiscutibile, ma solo a cena e a pranzo: a colazione mai. a colazione caffellatte, pane e marmellata, bevande calde, tenui, per iniziare bene la giornata. è più appetibile la carne quando non ricorda nella forma l’animale, quando è sotto forma di un simpatico filetto, quando non si sente il sangue ed il selvatico, quando non ricorda il bosco o lo stallatico. il formaggio troppo saporito con i vermi è da evitarsi, il sale che se manca ha rovinato una pietanza, lo zucchero se è troppo da fastidio, e non mangiamo carne oggi: meglio un pollo od un tagliere di affettati, un piatto di spaghetti, la fettina di secondo ed un contorno di verdura annegato dentro al burro: è lo stile della nonna che cucina sempre uguale. che cucina sempre uguale! “che”: pr-nome o congiunzione. “cucina”: verbo o sostantivo. patatine fritte e maionese, la donna in cucina: sempre, mentre l’uomo in cucina prepara solo il pesce. e le ricette, i consigli, gli utensili atti a rendere il cucinare molto più semplice. il pranzo al sacco può essere fatto solo di panini, e di che altro?
il ristorante è un luogo sacro, dove paghi un servizio, dove paghi per essere servito, compiaciuto e accondisceso, dove paghi per poter mandare indietro i piatti, dove paghi per poter far commenti sprezzanti, dove paghi per lamentarti, dove acquisti la tua fetta di esser buongustaio disgustato che altrimenti non potresti
bisogno creato, abitudini: non gusti, abitudini: non tradizioni. il dado, l’acqua in bottiglia, i surgelati, furono creati per far sembrare alla m-ssaia la cucina molto più svelta ed ora una caterva di prodotti sono lo standard nei ristoranti; e tutto perché un cliente non può aspettare, un cliente non può aspettare, un cliente non può aspettare

probabilmente andando a napoli
con i consigli di qualche autoctono
nella strettezza di qualche vicolo
o nell’ampiezza
di un esercizio
aperto fino alle 3/alle 4 ri-
-gorosamente chiuso a pranzo
probabilmente mangerai la pizza e
probabilmente ti piacerà
difficilmente sarai sicuro
di aver beccato il pizzaiolo giusto
perché qualcuno non sarà d’accordo:
c’è sempre un napoletano che ti dice dove fanno una pizza migliore di quella che hai appena mangiato, un palermitano che ti dice che il pesce che ti hanno servito in quel locale faceva schifo, un calabrese che ha qualcosa di molto più piccante da farti -ssaggiare, un ligure che non ti farà mai sentire il suo extravergine, un romagnolo che ti indica in modo approssimativo dove fanno una piada eccellente. e in mezzo siamo noi: pessime forchette e poi bla bla bla, eccetera eccetera eccetera…

nei ristoranti ringrazio sempre i camerieri e mando auguri ai cuochi che nel mio piatto non son riusciti a mettere il migliore dei loro risultati. nella trasformazione alimentare il presupposto che stian cercando di fregarmi non mi porterebbe a nulla e mai querelerei un ristoratore anche in seguito a un’intossicazione: non sarebbe giusto da parte mia che non ho gusto, e testo gli ingredienti più sospetti -ssaggiandoli. la mia prima colazione perfetta è la minestra calda tornato a casa ad ora tarda, invece una minestra fredda. io amo la minestra, le zuppe, i p-ssati di verdura, soprattutto quelle fatte con gli ingredienti più comuni, più arrangiati; ed i gelati sono gli antipasti più indicati, soprattutto quando fa freddo perché non danno shock termico
ma volevo dire che mi piace la minestra, sia cremosa che p-ssata, magari sciapa: per capire le carote od una zucca. a me pesce e carne cruda, però a merenda, come i cavoli che c’entrano. le ricette non si seguono, si sperimentano o si inventano, anche quando il rischio è il gusto del cliente. signor cliente, mi capisca, la fiorentina non è un piatto che si consumi cotto, signore. la donna incinta: che ordini del prosciutto cotto o un arrosto o cappelletti in brodo. il cuoco sono io e lei, signore, sta pagando le mie mani, la mia lingua e la mia testa; un altro cuoco cuocerebbe la carne in maniera diversa e qui non si contesta, signore, ci rifletta: se le si scorre troppo in fretta le regole sono solo mura di sicurezza e non un territorio insiemistico dove chi accede accetta
dentro le cucine, in questi ambienti chiusi, si sta in piedi tutto il giorno, si formano un linguaggio, un perno logistico, un freddissimo -ssistersi a metà tra camionisti ed alchimisti disillusi davanti a [?], irrispettosi delle norme haccp: la paura dei batteri genera un mercato, una sicurezza che si vende, una speculazione che alimenta le psicosi e non rafforza gli anticorpi
e si ritorna sempre a capo, con il mediterraneo, con la diffidenza, con l’esotismo, che sono facce dello stesso cubo come la pizza, il kebab, la piada, la pitta: sono facce dello stesso cubo. come l’uso del dado che ti salva i piatti e rende il gusto un abitudine, ed il brodo fatto solo di verdure ti risulta insipido solo perché il mercato non può smettere di vendere il tuo segreto in cucina; che non è un segreto: lo trovi sugli scaffali di un supermercato, lo vendono tutti. i segreti sono altri, e nessuno li detiene, e non son nemmeno dei segreti: i segreti delle materie
sulle tavole degli italiani, dove si vende il mangiar bene, il bere bene, dove si combinano culture ed alimentazione, etiche ed alimentazione, etichette ed alimentazione, dove si ride delle scelte e le si chiama restrittive. quando chi mangia è chi decide non c’è bisogno di culture, non c’è bisogno di maniere, se vuoi arricchirti di cultura alimentare usa la padella e smonta questa idea diffusa che chi lavora non ha tempo e mangia il cibo della busta, toast e patatine; e smonta questa idea naif del salutismo: non c’è bisogno di entrare in nessuna -ssociazione per decidere un regime alimentare, -ssaggia senza far storie, le storie inventale quando qualcuno farà storie su quello che gli servi da mangiare

vediamo un po’… oggi cucinerò: un timballo di chiodi e limatura di alluminio con policarbonato ai ferri e salsa alla merda!

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