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letra de cuore di hilbert - semicronici

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[h-ll’o’him]
rinchiuso in gabbia in un cubicolo coperto di frustate
sei ridicolo se pensi di cambiare il tuo destino infame
i morsi della fame, li senti nello stomaco? ti dicono
che il bene dell’uno è il bene dello sciame
questo è ciò che ti hanno detto (ascoltali)
e per ciò che non ti han detto (perdonali)
sono trattato come infetto (ignorami)
ma voglio solo del rispetto (cancellami)
perfetto, è il mondo che inseguo ma non lo vedo
eppure non recedo dal cercarlo non mi concedo
pause, ma avanzo nella nebbia sotto un nero cielo
immemore di gioie e dolori che io possiedo
dinanzi ho un’esistenza passiva di avanzi marci
gli sbalzi dell’assenza ossessiva di una catarsi
non ho slanci, né stimoli, mi domando il da farsi
mi avvicino al traguardo vedendolo allontanarsi

[axiom]
sirene che suonano, mi parlano, può darsi
gesti e giochi di luce s’introducono parlando farsi
ma mi distraggono mentre faccio gli intarsi
ne cancellano altri, gli affreschi scomparsi
mi ripeto in circolo, ma sempre meno
una spirale in cielo che mi sorge dietro cela un velo nero
l’osservo meglio, è il vuoto che dico di meritarmi
quando tento di trattarmi rimanendo sveglio
però persistere non ha portato forza
solo limiti di tempo, spazio, senso e scorza
perché corro sul posto e viceversa, terza scossa
forse perché le prime fibrillavano una mossa
non chiedere quale sia, sono solo prospettiva
sono viva tanto quanto tu lo chiedi a chi deriva
e mi trasformo con il corpo: questo sì, questo è morto
questo ha ancora luce dentro e la rimuove da risorto
[pausa di 8 barre]

[h-ll’o’him]
inghiottimi notte, sei l’unica che mi capisce
un tocco di morte così vera che non ti tradisce
rapisce il mio pensiero e vedo il mio sollievo
mi ricordo che piangevo al confine di un cimitero
grido e nessuno mi risponde, allora guardo oltre
sperando che il futuro non sia coltre di cenere
la colpa è mia d’altronde, tiro la cinghia inoltre
trascuro la mia gioia per amore di venere

[axiom]
incarn-z-one di un amore poco corrisposto
da una divinità di cenere che lascia il posto
vuoto e lucchettato, non entri ma sei arrivato
interroghi il paradosso, nato o selezionato
oppure comprato dai lupi che illusi ti hanno sbranato
un brano della mia pelle tra i denti ma mi ha sputato
è probabile che al tatto mi intrappolo, asimmetrico
tratto azimut che misuro, verso di merito
contratto magico, mi siluro a nord dell’emerito
di fatto rancido ma sicuro, muoio di seguito
tutti quei fantasmi di me? materia grigia
la stessa materia ligia alle regole da battigia
[h-ll’o’him]
da uomo inadeguato ti porto dentro il degrado
un suono in parte opaco ritorna allo stato brado
parole come coltelli, ti leggo il grishjärta piano
tu levati questa pelle e comincia ad essere umano
fino in fondo, fino a scoprire quello che nascondo
quel fragilissimo momento che dura un secondo
nel quale torni a un vecchio vizio che hai dimenticato
perché nel giorno del giudizio si salva solo il peccato

[axiom]
toccato dal vuoto cingolato, nato da un pezzo
perché un’ala mi si è rotta ma l’altra si ferma in mezzo
poi la prima che reprime le altezze si fa cortina
ma dentro ad una cantina si dimezza e si spezza prima

[pausa di 8 barre]

[h-ll’o’him]
il mediocre è nutrito dalla menzogna
un’indigestione di vergogna, in attesa della gogna
la vita è un’affilata tagliola dentro una fogna
un canto di sirena partito da una carogna
agogna l’ignavia di un altro sogno, e tu lo stesso
quasi come fosse sesso ci rifletto troppo spesso
mi rimangio ciò che ho detto per colmare la mia sete
troverò la mia salvezza immerso in una cupa quiete
[axiom]
una cometa che mi taglia la gola
è come vedere una meta, attraversandola ritorno gamete
come temevi se non bevi dalle rapide passa la sete
ora è solo questo contrappasso che mi fa da scuola
lacrime di marmo che io non ho mai scolpito
assopito dalle immagini ho capito queste indagini
voragini che non ho più riempito
come argini marci guardo nel fondo ma ci trovo cartilagini

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