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letra de occhi di sabbia - rem-itward

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[verse i]
danzo sul cemento sotto un cielo sipario
che fa da velo alla pangea, un acquario
un diluvio acido che alimenta e mani ingenue
che versano ogni goccia con un sorriso tenue
sradica radici, hai provato a strappare
una rosa mentre sboccia?
ho dimenticato come sognare
da quando dipingi il mondo migliore che da un’ampolla
io marinaio incantato dal topico della tua bocca
fermo ancora nei mari viola
di verbi, emozioni ed ematomi in prosa
manca un qualcosa, treni in corsa
un fiore d’ibisco tra le foglie d’erba di whitman
non vi sarà più cielo e paradiso di quanto vi sia ora
una pagina d’oro che sfuma eterna
perché il mio pensiero trema, perché il tempo logora
perché non ho più tempo, perché nulla resta
incagliato nei tuoi occhi di sabbia
in uno sguardo che pressa il torace
incido con l’inchiostro secco delle mie vene
poiché la mia voce di vetro trema fragile
nelle tue pupille che son perle nel guscio del mondo
[verse ii]
ogni discorso come un visconte si dimezzerà
il vetro sottile delle mie iridi non basterà
a riflettere un sole che brucia
che brilla di riflesso mai perché in fiamme
contemplo in panne sotto questo cielo di rame
lo vedo piangere, specchiarsi nelle lenti,
empi, i fili d’erba son fragili per lunghe esposizioni
il filo di un discorso che le parche tessono
va spesso perso in labirinti e specchi d’ebano
fermano lancette e bacchette nel ramen
con grazia proclama picche alle dame
che se non posso contare tempo non mi basto
senza memorie non posso abboccare all’amo
di questo sogno che rincorro come un cane
il tuo dolce sorriso in una scorza amara di limone
non temo più il vento sotto la flebile luce d’un lampione
né sogno l’ignoranza e patetico cielo di platone
se son amatore folle, si ma di cartone
amara ma amata questa mia luna
ho la ragione nel piano di un pianoforte
ascoltala ma ignorarla è un assaggio di morte
nella monotonia di un cielo sempre tenue
nella mia penna che trema e teme

[verse iii]
nel cielo un campo minato, tratteggiato
banchi di sogni tra le spighe di caravaggio
il sole nasce mentre un corpo muore
in beatitudine lo spirito d’un peccatore
nel cielo quieto in fiamme
la psiche in questa pace piange
brucia ciò che nessen uomo può tangere
bimbi assonnati bagnati dal sole
immacolata beatitudine solo ove
le lacrime si mischiano con la pioggia
solo ove il cielo fiorisce e non avrò paura
delle intemperie o di una nebbia troppo scura
che inebria ed annebbia una strada poco sicura
per raggiungere la vetta di una luna poco pura
in foreste in cui sono rimasti solo cappi e segatura
ma sotto questo plenilunio di mine no non avrò paura
no no-non avrò paura

[verse iv]
tutto biasmo in questo rosso cosmo
che finge pace lacerando un torace
in questo movimento soave sono un ismo
fiori d’ibisco rapiscono il cemento e le graminacee
sono libero, sono icaro per un istante che fingo
duri in eterno anche lacerato dalle onde
in quest’onda d’urto ritorno indietro più di un punto
non mi pento mai molto
indipendentemente da ciò che ho attorno
e fossi uno scrittore riscriverei questo universo
e chi che ha il torto, sono io che resto
in questo inverno ai miei occhi eterno fermo
in un momento disegno perso il mio stesso estro
il tuo capriccio che placa pure l’astio

[outro]
sulla mia stessa pelle d’ulivo
le stelle cadono in un diluvio
sopra il tetto del cielo, vitruvio
ossimori d’amori alla ricerca di nuovi suoni
che colano accasciandosi sugli aquiloni
le nubi piangono su questi crani chini morfina
comprime i miei spasmi come benzodiazepina
ai bordi di asfalto e palazzi allaga una riva
sei come il mondo parte di un ritratto alla prima
se l’anima spira e s’adira oltraggiata da chi l’ammira
non rimane altro che una casseruola di carne
e il cuore la cui funzione è di anestetizzare
la mente che pecca d’impotenza ma si nutre di dizione
specchiata nei tuoi occhi di sabbia che son mia eterna dann-z-one

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