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letra de la sensitiva - ottorino respighi

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cresceva in un giardino, sola, una sensitiva
e la nudrian d’argentea rugiada i freschi venti;
essa le foglie come ventagli al sole apriva
le chiudea sotto i baci dalla notte fluenti

sorse la primavera nel bel giardino, quale
lo spirito d’amore, che ovunque si disserra;
e si destò dai sogni del riposo invernale
ogni erba, ogni fior sul seno della terra

mai nel verzier, nel campo o nel deserto un fiore
tremò d’ansia, еd i palpiti ebbe e la gioia viva
d’una cеrvia, cui dolce necessità d’amore
urga al meriggio, quanto l’umile sensitiva
spuntaron bucanevi, violette dal molle
terreno; il lor fiato si confondea nel vento
alla fresca fragranza, su da le erbose zolle
saliente, sì come la voce all’istrumento

e il vario pinto anemone, il tulipano snello
e il narciso, fra tutti i fiori il più bel fiore
che si guarda negli occhi al fondo del ruscello
finché della bellezza, a lui tanto cara, muore:

e la rosa che, come ninfa, la qual s’appresta
al bagno, il radiante seno svela, e alla brezza
languida piega a piega si scovre, e ignuda resta
l’anima del suo amore e della sua bellezza;

e l’esil gelsomino, la dolce tuberosa
tra i fiori il più squisito per l’effluvio che vibra;
e tutti ivi crescevano di vita rigogliosa
i fiori d’ogni clima, d’ogni più rara fibra

ma più che ogni altro fior la sensitiva
il fervido amor sentì diffondersi. ne vibrò dalle foglie
alla radice. invano: che poco ella concedere
altrui può della fiamma; ch’entro sè stessa accoglie

non ha la sensitiva brillanti fior;
nemmeno son pregi suoi l’odore, la viva
come l’istesso amor ell’ama; il cuor fulgidezza
n’è pieno; qualche non ha desidera, anela: la bellezza!
e allorche, nella sera parea tutta riposo
la terra e tutto amore l’aura, e vibrava intorno
più profondo il diletto, benché men radioso
e dal mondo del sonno cadeva il vel del giorno;

il canto vie più tenero quanto più il dì moriva
il rosignol soave spargeva in alto, solo;
e a quando a quando, in sogno udia la sensitiva
onde de quell’elisio canto di rosignolo

ella, la sensitiva, si raccoglie a nel seno
del riposo, la prima

v’era un potere in questo leggiadro luogo; un’ eva
in questo paradiso. ben ella a tutte l’ore
grazia vigilatrice, ai fiori presiedeva
fosser desti o sognassero, come agli astri il signore

il suo piccolo passo l’erba sfiorava appena
quasi pietà ne avesse. dal seno palpitante
s’intendia che la gioia sola, e non mai la pena
a lei portava il vento in quel giardin vagante

esultavano i fiori, in lor fervida vita
al suon che l’agil passo destava nella via;
essi sentian lo spirito che dall’ardenti dita
di lei nelle lor fibre palpitando venia
ella spargea l’acque limpide dei ruscelli
sui fiori, cui la fiamma del sol facea languenti;
e con grazia scuoteva i calici di quelli
che avean piegato sotto le raffiche irruenti

la dolce creatura, che fin dalla lontana
primavera per tutt’estate avea così
regnato nel giardino, bellissima sovrana
innanzi che una foglia ingiallisse, morì

tre dì stettero i fiori del giardin radiante
come stelle, se è desta la luna

e il quarto giorno udì la sensitiva i funebri canti
i rintocchi tristi, i passi gravi e lenti
dei portatori, e intorno e dietro il nero feretro i pianti
ed i singulati, i sospiri e i lamenti;

udì il respiro tronco, il suono stanco, i vani
moti silenziosi della morte che passa;
l’erba fosca e fra l’erba tutti i fiori di lagrime
tremuli luccicarono quando il corteo passò;

de’ lor sospiri il vento raccolse in tono
lugubre, e gemito per gemito dai pini rimandò
si fece immondo e gelido il bel giardino
quale la salma di colei che ne fu spirito e vanto

e rapida l’estate nell’autunno fluì

le foglie delle rose, fiocchi di neve cremisi
l’erba e il muschio di sotto covriron lentamente;
i gigli si piegarono, ed eransmunti e pallidi
come il capo d’un uomo riente;

i fiori d’acqua in fondo ai ruscelletti cadero
staccati dal piccioli, e contro le correnti
li spingevano, li urtavano impetuosi i vortici;
coi fiori della terra così faceano i venti

cadde la pioggia infine. e gli steli spezzati
s’intricaron ricurvi attraverso i sentieri
giù ruinò la spoglia rete dei pergolati parassiti:
e è così i fior vaghi e leggeri

come un’abbandonata pieangea la sensitiva:
le stille entro le palpebre delle foglie increspate
delle foglie che a coppia fioriscon, veni vano
in ruggine di glutine gelido tramutate

venne l’inverno. il vento fu il suo flagel;
tenea sul labbro un dito fesso. in fiero atto
levato egli incedea del carro suo trionfal
nel trono, dai soffi dell’artica landa trasportato

e del settentrione un turbine, aggirantesi
come lupo che un povero bambino morto fiuti
i cari chi arboscelli che all’urto sì piegarono
scosse e spezzò con l’impeto dei fieri artigli acuti

tornò la primavera, e una rovina misera
era la sensitiva senza una foglia più

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