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letra de la sentenza - filippo andreani

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[testo di “la sentenza”]

dal tribunale dei fiori sfioriti
dove non conta accertare l’offesa
una sentenza di morte si scaglia
senza concedere alcuna difesa
e la notizia, nuotando nel lago
grida di sé a chi deve il segreto
dipinge in grigio le facce dei tanti
che inorridiscono al folle decreto
fu quello il giorno in cui si fermò il sole
e sgomento dimenticò di calare
e per tre notti restò mezzogiorno
poi il buio per sempre venne a rеgnare

come medici sеnza la scienza
mi dan per morto, e mai visitato
perché non conta che il loro paziente
in verità neanche fosse malato
di dissentire mi sarà permesso
dalla natura dell’orrida accusa
e non per mancanza di pentimento
ma per innocenza io non chiedo scusa
sputo la voce al di là delle labbra
grido a chi mi ha condannato all’oblio
che una sentenza di morte non vale
se in calce non reca la firma di dio
se a nulla sono servito
nella cella al mio lavoro
ancora meno sono servito a loro
eppure se ora parlo del passato con la storia
mi sembra che abbia perso la memoria

la fuga io l’ho scelta per dovere
e non per concessione
il verbo tradire non si addice
ad un’idea senza padrone

mi sento come potrei sentirmi
se un giorno, nuda e con la neve al polpaccio
da un volto amico mi fosse offerto
per riscaldami, un cappotto di ghiaccio
perché poi questa, levati gli orpelli
è la situazione in cui ci troviamo
quale dolore che siano i fratelli
a dubitare di quanto li amiamo
e non vi stupiate se dico “amare”
che per null’altro che non fosse amore
sarei riuscita a farmi tacere
quando il demonio mi mordeva il cuore
io che ho insegnato il silenzio al dolore
io che ho taciuto dell’inferno alle soglie
ora, come allora, scopro di stare
come d’autunno sui rami le foglie
nei prati che partorivano incanti
vedo sfiorire le stelle alpine
perdendo il fiore io le vedo coprire
il gambo, da cima a fondo, di spine
ma la pozzanghera della calunnia
asciugherà un giorno, scoprendo il fondale
pure dal tempo anche questa ferita
mischiando all’acqua verità e sale
guardatemi negli occhi
ci ritroverete il cielo spaventato
dai fuochi di san giovanni
guardatemi le mani
non hanno mai estratto niente
ma ora afferrano i miei ventidue anni

sono polvere che vola verso dove
per lei deciderà il vento
sono una bambina cieca
che rincorre un aquilone di cemento

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