letra de il giovane mariani - murubutu
fu il primo gemito del primogenito
nato col primo freddo, il primo getto di freddo gelido
il giovane mariani apriva gli occhi
un raggio caldo creò un p-ssaggio ampio tra due notti;
fra due sfondi enormi vide un lampo e un’esplosione
poi un mondo con più occhi che le piume di pavone, man
prese aria e luce e pensò “tocca a me
ayo, me, mega, me, ora tocca a me”
pensò “tocca a me” e fu di nuovo un inizio
e con lo sguardo raccontò tutto quello che vide e ha visto
questa storia non si elabora, no, né rielabora
no, no, se vuoi tu chiamala favola;
per raccontarla bene basta un battito e un’arpa, man
un arco ed un b-sso, man, un battito e un b-sso, man
lui vide il vuoto farsi mondo, il mondo farsi fuoco
e dopo il cosmo prese corpo da uno spazio vuoto
vide il fuoco e i suoi grandi bracci, il suolo rifarsi i tratti
i flutti seppelliti dalle sfingi degli alti ghiacci
chiusi i p-ssaggi che tornavano a ieri
dove il buio con le mani riuscì a chiudere i cieli
e poi roccia sopra roccia venne occluso ogni buco
piovve notte fra le torri e le necropoli di tufo
sfida il tempo, lo spazio t’attende
qua il cosmo non è che bisogno che vive nell’uomo:
non c’è cielo e suolo, non c’è terra e fuoco
e il tempo è corrente e torna per sempre a me
vide mari immani, non vide draghi o maghi
ma vide i vari umani darsi i mali in varie fasi
poi vide coi suoi occhi torri e blocchi di marmo
elevarsi sopra i regni dell’argilla e del fango
e a me che rimase, e a me che rimane?
ma a me qui rimase la gioia ed il sale
e a te che rimase, da rimare che rimane?
mani in mano, mani in mano nelle mani di un padre
pensò “tocca a me”, pensò, pensò “tocca a me”
ma non c’era fatica nei suoi occhi blu e scuri
perché quello che vide lui lo vide ad occhi chiusi
lui vide falsi re, i re farsi dei
poi tanti altri farsi e farsi grandi
vide infanti maschi, morti i fanti
patti infranti, p-ssi falsi
panta rei, sentì il cosmo nel cuore
cercò ingegno e calore per capirne il colore
e il secondo lo ottenne dalle gocce del sole
mentre il primo dal pensiero sorto in asia minore
se senti ancora la voce
fu allora, una luce si spense e ne apparve una nuova
poi con forza e nuova foia fuori dalla feritoia
qui la gioia del suo vecchio piantò un seme di sequoia
sfida il tempo, lo spazio t’attende
rallenta e comprende
la terra qua attende la giovane mente venuta al presente
tra i giorni trascorsi dopo fine settembre
“ora tocca a me”, pensò, pensò, pensò ” tocca a me”
ma non c’era fatica nei suoi occhi blu e scuri
perché quello che vide lui lo vide ad occhi chiusi
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