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letra de zero tagliato - uochi toki

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niente chiama niente
sonnolenze eterne, divento polvere, mi deposito sul mobile; la vita non mi parla più, la vita ha già espresso tutto il dicibile, posso solo sottintendere, posso solo evitare di rispondere. spengo una luce, spengo la luce del sole, il mio distacco orizzontale notturno concilia il pensare inerziale: da una p-ssata iniziale hai l’impressione di vedere cubi di energon al sub di una storia in cui in più punti i personaggi vengono separati da un ascensore. chi predomina, chi va in chemio di martedì sera, io il lunedì alle 23 guardo jodie, faccio due chiacchiere col benemerito nulla sperando in un sogno di una notte di inizio autunno, ad un lavoro logico regalo il mio cervello, ho molta forfora che gratto con le dita, dopo mi di-letto a toglierla da sotto le unghie con gli angoli del libro che sto leggendo.. ma io non leggo, sono contro, mi presento: basta! com’è possibile avere una idea giusta con una gamma così vasta di idee giuste? mi suicido, pongo fine alla mia vita…troppo semplice! non ho il terrore di vivere: il nichilismo non è applicabile se non hai un tutto da combattere. cos’è il dramma dell’essere? a me piace vivere solo per il fatto di poter parlare e scrivere dicendoti che non è bello vivere ed è quindi il salmone, il sentimento che imito e scrivo in questo punto, punto i miei piedi ripieni, credi che mi importi l’importo? tutto sommato il tuttavia appropinqua scandinavo scandinò al mistico sull’orlo del baratro e questa non è la fine, magari tra un mese apro un bar vendo lattine appeso a quel positivismo da rivoluzione industriale che tranquillizza lo strato del subconscio del pendolare, cioé colui che pendola dalla corda delle decisioni altrui su di una pentola fatta di niente..
niente chiama niente

il ritorno dei ritorni, faccio festa, gioco a calcio, anzi, a golf coi moribondi. setto un dito nel setto e poi mi setto il cervello, dopodiché chiamo il neurologo, tac cranica, ho dieci capperotti nel lobo frontale, si p-ssa al distacco verticale, niente chiama niente, stavo essendo saltellante in una delle mie fantasie, manie di protagonismo quando ecco che mi ritrovo alla fermata di rogoredo e aspetto in pieno giorno, gente tutta intorno, ho paura che mi guardino mentre penso, se sapessero che mi lamento del fatto che ostento l’essere represso, sacco di roma, sacco di iuta, sacco di roccia, sacco di simon e garfunkel, cittadinanze stanche di essere stanche, il lento climax discendente verso il punto di esaurimento totale delle risorse. specie quelle umane
sono in forma smagliante, sento che subisco l’ascendente che io posseggo sugli altri, gli effetti del niente sulla mia persona non li puoi vedere, in quanto non-energia, non-stato d’animo, non-reazione, il niente in me non esiste, appunto
non posso nemmeno dire che nessuno ha trafitto il mio unico occhio, visto che di occhi ne ho due.. e poi dietro nessuno non si cela odisseo, perseo, filottete. fanculo disney che vai a popolarizzare delle culture vendendole al pubblico come ricerca, come indiscussa appartenenza al mondo greco!

..e poi abbrevi con fil?
ma nientificati!
niente chiama niente

(driiiiin driiiin)
– pr-nto?
– pr-nto sono niente, c’è niente?
– sì sono io, dimmi!
– ah, allora vuol dire che mi sono chiamato da solo al telefono?
– eh, pare proprio di sì!
– allora vabbé, glielo dico di persona, anzi, me lo dico di persona
– eh, tuttavia potresti anche dirlo a me, adesso, cioè, a te stesso, adesso, tanto è la stessa identica cosa
– cazzo che casino! e non posso nemmeno suicidarmi perché sono niente!
– eh già! un mondo complesso

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